martedì 8 giugno 2021

RETE/DISINGANNO

 

RETE/DISINGANNO Installazione in resina e granulati di pietra.

Il 25 luglio del 1980 Paolo Rossi, pur professandosi innocente, è condannato dalla Giustizia sportiva in primo grado a 3 anni di squalifica, poi ridotti a 2 dalla CAF.
A scatenare tutto è la denuncia di un commerciante di frutta romano, Massimo Cruciani, che lamenta di essere stato vittima di un raggiro da parte di calciatori. Questi ultimi gli avrebbero promesso risultati sicuri che poi non si sono verificati, portandolo sul lastrico. Ad incastrarlo una frase 'infelice' estrapolata dal contesto durante una tombolata con i suoi compagni: "Il pareggio non è un risultato da buttare".
"Non sapevo nulla delle scommesse: pensavo al classico pareggio accettato da due squadre che non vogliono farsi male. - spiegherà Rossi - Seguii il processo come qualcosa di irreale, come se ci fosse un altro al posto mio. Capii che era tutto vero quando tornai a casa e vidi le facce dei mie".
"Dopo che mi tolsero soltanto un anno, sono scappato a casa a Prato, e ho visto mio padre disperato e mia madre che piangeva: lì ho realizzato davvero cosa mi era capitato. Mi avevano tolto due anni di lavoro, due anni di vita. E ripensai alle parole di Simonetta, allora mia fidanzata: 'Paolo, attento, ti vogliono incastrare'. Anche ora sono convinto di essere stato strumentalizzato. Federazione e giustizia sportiva hanno voluto usare la mano pesante: non potevano scagionare il più famoso e condannare gli altri“



Nella cappella di Sansevero a Napoli, oltre all'ormai celeberrimo Cristo Velato, ci sono varie sculture, questo è il Disinganno di Francesco Queriolo 1754. Fu commissionato da Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, è dedicato al padre Antonio, uomo dissoluto e amante della bella vita. L'opera rappresenta appunto come l'uomo può rimanere invischiato nel peccato da non poterne più uscire. La fattura magistrale dell'opera è unica del suo genere, la rete sembra fiorire dal marmo stesso.
Il maestro finita l'opera chiese ai suoi aiuti di passare alla lucidatura, ma essi stupiti da tanta bellezza si rifiutarono, avendo paura che la rete si sbriciolasse tra le loro dita.
Queriolo stesso diresse gli ultimi tocchi di lucidatura dell'opera, aiutando i suoi aiuti.