mercoledì 25 ottobre 2023

Cultura Commestibile - articolo di Elisabetta Pastacaldi

 


Lo spazio all’interno e all’esterno del cinema Terminale a Prato è da tempo diventato lo studio e la fucina dell’artista contemporaneo Ignazio Fresu, capace di lasciare il segno nell’immaginario collettivo grazie a opere visionarie di grande impatto. Formatosi al liceo Artistico di Cagliari e poi all’Accademia a Firenze, nasce come pittore ma ben presto si dedica alla scultura, concepita come installazione: si verifica quindi il passaggio dalla bidimensionalità alla quadrimensionalità con forme parlanti che si avvicinano a progetti architettonici, capaci di interagire col pubblico e di sollecitarne i sensi come fa la musica, altrettanto astratta e avvincente. L’artista utilizza materiali di recupero, con l’intento di esprimere il concetto di trasformazione e impermanenza: tutto si adatta, tutto cambia e si trasforma, la materia si modella in base alle forme volute dall’artista , sempre più ermetica e stimolante, ma anche pronta a assumere la dimensione e i significati cercati dal pubblico. Metalli, granulati di pietra per rivestire gli oggetti, divenuti ormai polverosi nel tempo, muti testimoni di un’altra vita, di un momento trascorso. Se poi l’oggetto da trasformare e da far esprimere non esiste, lo scultore lo realizza e lo crea. Dall’idea iniziale nasce il progetto dell’opera di conseguenza la ricerca e/o la realizzazione degli oggetti che ne faranno parte. Un’altra peculiare caratteristica dei lavori di Ignazio Fresu è la desaturazione del colore: in un mondo dove il colore imperversa, dove le immagini si susseguono frenetiche e abbaglianti, il colore meno vivo, vicino al grigio, desaturato, fa risaltare ancor più la forma, è un invito rivolto al pubblico a osservare con attenzione le forme per impadronirsi dei contenuti autentici. Se molte opere dell’artista appaiono di difficile interpretazione, le più recenti si rivelano più didascaliche e facili da comprendere Polvere è una di queste, densa di malinconia, ma anche di poesia : si tratta di una camera da letto ormai vuota, dove gli oggetti esprimono nel loro abbandono un senso di spossatezza ma anche di impotenza. Il destino è compiuto, l’amore è finito e ciò che rimane è un letto sfatto e oggetti d’uso comune sparsi qua e là. Le lenzuola sono un groviglio senza senso, buttate sul letto, arruffate, mute testimoni dell’amore consumato e forse di un triste ritorno alla realtà. Rifacendosi ai temi più caldi del presente, Fresu realizza opere come “De rerum”, reificazione, concretizzare nella materia un concetto astrato, in questo caso si tratta di 20 manichini che rappresentano la spersonalizzazione dell’uomo moderno, in una società disumanizzata che considera le persone come oggetti; Vanitas, gambe di donna, una condanna del mondo della moda, emblema del capitalismo e dello sfruttamento sia dell’uomo che del pianeta, quella moda che esprime il concetto di femmina seducente- oggetto del desiderio, spesso vittima di stupro e femminicidio. Un altro elemento spesso presente nelle installazioni di Fresu è il libro, testimone della conoscenza umana, libri accumulati l’uno sull’altro, libri di pietra sparsi in un prato, per sottolineare il legame uomo natura . Tutti i lavori sono frutto di una profonda elaborazione concettuale che si protrae nel tempo, essi sono per lo più di grandi dimensioni come per esempio i tubi di cartone di Prato ricoperti con polvere di ferro fatta arrugginire e collocati in un equilibrio precario a testimonianza del fatto che “nulla perdura se non il mutamento”. L’artista li vedrebbe destinati a luoghi pubblici, come lo è per esempio la scultura “Fragile”, collocata a Oste nel parco delle sculture, dove il fruitore non necessariamente un esperto d’arte, potrebbe però essere stimolato a interrogarsi e a riflettere, ponendosi sul piano ideale di chi li ha realizzati.

Articolo di Elisabetta Pastacaldi