domenica 29 luglio 2012

Il riscatto del Sacco dell’Arte

Cinquecento anni fa, come purtroppo accadeva all'epoca in molti altri luoghi, Prato subì una devastazione e quella di Prato fu particolarmente cruenta.
Anche oggi, nei confronti della crisi economica che stiamo subendo, Prato è succube di una profonda crisi che ha preceduto quella nazionale e internazionale, ma, come spesso accade, le crisi aiutano a superare l’adagiarsi in un’esistenza apatica e trovare nuovi stimoli.
Frequentando Prato mi capita sempre più spesso di rilevare in modo preponderante una nuova e appassionata attenzione nei confronti della città, dei suoi monumenti e dei luoghi della cultura, da parte dei pratesi.
Si è invertita la tendenza per quel diffuso disinteresse nei confronti dell’arte e i luoghi d’interesse storico artistico della città, causato, credo, dalla totale vocazione per il lavoro e il profitto economico.
Questo disinteresse si manifestava nella sottovalutazione degli importantissimi monumenti storico artistici presenti in città e dall’incombente vicinanza di un luogo come Firenze che alla vista di turisti per le strade di Prato, faceva esclamare “si sono persi!”.
Eppure Prato, negli anni del dopo guerra, aveva vissuto una stagione di straordinario interesse artistico culminato nella seconda metà degli anni settanta con il teatro e grandi mostre di risonanza internazionale.
Negli anni Cinquanta arrivò a Prato Frank Burattin che, conoscendo artisti e pittori, fece venire una serie di personaggi emergenti che si riunivano intorno alla galleria Farsetti che in seguito diventerà una delle maggiori case d’asta. Ebbe così inizio una certa aggregazione di personaggi come De Micheli, Marchiori, Franco Russoli e decine e decine di critici e poi tutti i pittori, veneti principalmente, ma anche del milanese.
Inoltre a Prato, c'era all'epoca un gruppo di collezionisti tra cui quello che è poi diventato uno dei più grandi collezionisti europei, Giuliano Gori che dagli anni Cinquanta ha sempre creduto nell’arte contemporanea e ora è una ”istituzione europea”, e in seguito Carlo Palli che ha lanciato e dato lustro alla Poesia Visiva che nasceva tra Firenze, Prato e Pistoia.
L’arte contemporanea ha distinto la città, e con il Fabbricone - grande fabbricato industriale tessile in disuso - utilizzato nel 1974 dal celebre regista teatrale Luca Ronconi che  ne fece uno dei più grandi centri teatrali sperimentali d’Italia, fu inaugurata una  stagione che si pose come centro di produzione teatrale e si affermò nel panorama nazionale. Al progetto del Fabbricone collaboreranno Dacia Maraini, Gae Aulenti e Umberto Eco.
Con le grandi mostre di Henry Moore e le suggestive installazioni di Dani Karavan, Prato raggiunse il culmine che sfocerà nell’istituzione del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci.
Il nuovo museo, primo nel suo genere in Italia, riscosse immediatamente uno straordinario successo internazionale, ma con gli anni, insieme ai riconoscimenti mondiali, perdeva sempre di più contatto con il territorio, tanto da essere visto dalla cittadinanza come un elemento estraneo.
Dopo un periodo durato alcuni anni di un certo disinteresse da parte della popolazione per le attività culturali - che corrisponde al periodo di crisi economica nazionale degli anni novanta, ma che vide invece a Prato un momento di relativa ricchezza economica - si assiste oggi ad una nuova consapevolezza da parte dei pratesi nei confronti dei loro valori artistico - culturali.
Ho sentito per la città, gruppi di persone discutere animatamente sulla necessità di rispettare il centro storico, di non permettere alle auto di percorrere e parcheggiare in piazza del duomo. Ho sentito semplici cittadini vantarsi con entusiasmo delle “bellezze della città”, ho visto passanti preoccuparsi dello stato delle opere, dei musei, convenire sulla necessità di proseguire i lavori di scavo e di valorizzazione dell’Etrusca Gonfienti, manifestare orgoglio per il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Centro che oggi è diventato il Museo d’arte contemporanea della Regione. La Regione Toscana sosterrà il Centro Pecci nella promozione dell’arte, dell’architettura e della cultura contemporanea attraverso la programmazione di mostre ed eventi ma anche con attività di formazione del pubblico e di documentazione presso la propria biblioteca.
Il nuovo Pecci sarà laboratorio dei linguaggi del contemporaneo, ma anche museo capace di offrire con la sua prestigiosa collezione, il meglio dell'arte che negli ultimi anni ha avuto un sostanzioso accrescimento, e che con gli anni è diventata un fondamentale collettore della memoria storico-artistica della regione, svolgendo il compito primario di conservazione e promozione d’importanti realtà ed artisti.
Questo rinato entusiasmo della popolazione che crede nel valore della cultura e delle arti, che sa vivere il tempo presente nelle molte sfide che questo pone, dove la cultura assume un ruolo basilare per immaginare il futuro, si concretizza nell’offerta museale e turistica, offrendo la possibilità di poter unire l’archeologia, il medioevo e il Rinascimento, fino alla contemporaneità. Un nuovo e articolato sistema di strategie che permetterà crescita culturale e nuove opportunità per vivere il nostro tempo.
Ignazio Fresu