Anche oggi,
nei confronti della crisi economica che stiamo subendo, Prato è succube di una profonda
crisi che ha preceduto quella nazionale e internazionale, ma, come spesso accade,
le crisi aiutano a superare l’adagiarsi in un’esistenza apatica e trovare nuovi
stimoli.
Frequentando
Prato mi capita sempre più spesso di rilevare in modo preponderante una nuova e
appassionata attenzione nei confronti della città, dei suoi monumenti e dei
luoghi della cultura, da parte dei pratesi.
Si è
invertita la tendenza per quel diffuso disinteresse nei confronti dell’arte e i
luoghi d’interesse storico artistico della città, causato, credo, dalla totale
vocazione per il lavoro e il profitto economico.
Questo
disinteresse si manifestava nella sottovalutazione degli importantissimi
monumenti storico artistici presenti in città e dall’incombente vicinanza di un
luogo come Firenze che alla vista di turisti per le strade di Prato, faceva
esclamare “si sono persi!”.
Eppure
Prato, negli anni del dopo guerra, aveva vissuto una stagione di straordinario
interesse artistico culminato nella seconda metà degli anni settanta con il
teatro e grandi mostre di risonanza internazionale.
Negli anni Cinquanta arrivò a Prato Frank Burattin che,
conoscendo artisti e pittori, fece venire una serie di personaggi emergenti che
si riunivano intorno alla galleria Farsetti che in seguito diventerà una delle
maggiori case d’asta. Ebbe così inizio una certa aggregazione di personaggi
come De Micheli, Marchiori, Franco Russoli e decine e decine di critici e poi
tutti i pittori, veneti principalmente, ma anche del milanese.
Inoltre a Prato, c'era all'epoca un gruppo di collezionisti tra
cui quello che è poi diventato uno dei più grandi collezionisti europei, Giuliano
Gori che dagli anni Cinquanta ha sempre creduto nell’arte contemporanea e ora è
una ”istituzione europea”, e in seguito Carlo Palli che ha lanciato e dato
lustro alla Poesia Visiva che nasceva tra Firenze, Prato e Pistoia.
L’arte
contemporanea ha distinto la città, e con il Fabbricone - grande fabbricato industriale
tessile in disuso - utilizzato nel 1974 dal celebre regista teatrale Luca Ronconi che
ne fece uno
dei più grandi centri teatrali sperimentali d’Italia, fu inaugurata una stagione che si pose come centro di produzione
teatrale e si affermò nel panorama nazionale. Al progetto del Fabbricone
collaboreranno Dacia
Maraini, Gae Aulenti e Umberto
Eco.
Con le grandi mostre di Henry Moore e le suggestive installazioni
di Dani Karavan, Prato raggiunse il culmine che sfocerà nell’istituzione del
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci.
Il nuovo museo, primo nel suo genere in Italia, riscosse
immediatamente uno straordinario successo internazionale, ma con gli anni,
insieme ai riconoscimenti mondiali, perdeva sempre di più contatto con il
territorio, tanto da essere visto dalla cittadinanza come un elemento estraneo.
Dopo un periodo durato alcuni anni di un certo disinteresse
da parte della popolazione per le attività culturali - che corrisponde al
periodo di crisi economica nazionale degli anni novanta, ma che vide invece a
Prato un momento di relativa ricchezza economica - si assiste oggi ad una nuova
consapevolezza da parte dei pratesi nei confronti dei loro valori artistico - culturali.
Ho sentito per la città, gruppi di persone discutere
animatamente sulla necessità di rispettare il centro storico, di non permettere
alle auto di percorrere e parcheggiare in piazza del duomo. Ho sentito semplici
cittadini vantarsi con entusiasmo delle “bellezze della città”, ho visto
passanti preoccuparsi dello stato delle opere, dei musei, convenire sulla necessità
di proseguire i lavori di scavo e di valorizzazione dell’Etrusca Gonfienti, manifestare
orgoglio per il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Centro che oggi è
diventato il Museo d’arte contemporanea della Regione. La Regione Toscana
sosterrà il Centro Pecci nella promozione dell’arte, dell’architettura e della
cultura contemporanea attraverso la programmazione di mostre ed eventi ma anche
con attività di formazione del pubblico e di documentazione presso la propria
biblioteca.
Il
nuovo Pecci sarà laboratorio dei linguaggi del contemporaneo, ma anche museo
capace di offrire con la sua prestigiosa collezione, il meglio dell'arte che
negli ultimi anni ha avuto un sostanzioso accrescimento, e che con gli anni è
diventata un fondamentale collettore della memoria storico-artistica della
regione, svolgendo il compito primario di conservazione e promozione d’importanti
realtà ed artisti.
Questo
rinato entusiasmo della popolazione che crede nel
valore della cultura e delle arti, che sa vivere il
tempo presente nelle molte sfide che questo pone, dove la cultura assume un
ruolo basilare per immaginare il futuro, si concretizza nell’offerta museale e
turistica, offrendo la possibilità di poter unire l’archeologia, il medioevo e
il Rinascimento, fino alla contemporaneità. Un nuovo e articolato sistema di
strategie che permetterà crescita culturale e nuove opportunità per vivere il nostro
tempo.
Ignazio Fresu