giovedì 25 maggio 2006

Tema centrale dei miei lavori è l’impermanenza

Centro Studi Arti Visive, maggio 2003, Prato

Tema centrale dei miei lavori è l’impermanenza, qualità trascendentale della realtà e dell’esistenza, alla quale riconosco valore estetico. Partendo dalla concretezza della superficie, ricerco, nella trasformazione degli elementi materiali la loro bellezza immateriale, che non è equivalente ad un nulla infecondo, ma s’identifica con la possibilità di generare ogni sorta di forma, tra rappresentazione del divenire e l’essere essa stessa oggetto di questa trasformazione, apparendo diversa a seconda dell’inclinazione e della qualità della luce, differente non solo a seconda dell’ora del giorno o della

notte, ma anche al variare delle condizioni del cielo e dell’aria, e al mutare del tempo e delle stagioni. Ciò implica una sfida non soltanto nei confronti dell’idea abituale di bellezza, ma nei confronti di ogni forma perché disfà la forma in sé. Questa mutevolezza è suggerita anche dall’utilizzo della superficie quadrata che, senza un orientamento predefinito, riduce ogni forma, in essa contenuta, di consistenza e significati propri e, per traslato, ciascun elemento di ogni situazione e di ogni condizione. Così, anche per i materiali che, mostrando il proprio carattere di transitorietà, d’impermanenza, alludono, allo stesso tempo, al fatto che tale carattere

connota necessariamente ogni materiale, sia fisico che mentale. Sarebbe, però, sbagliato intendere i miei lavori, come particolare proprio degli elementi fisici che la costituiscono, soprattutto nel senso della “caducità”, perché questo termine nasconde l’idea di una perdita rispetto all’illusione della durata sognata come eterna. Quello che ricerco, pur nell’umana pulsione a superare il carattere effimero del vivere in opposizione al continuo e inarrestabile scorrere del tempo, è la manifestazione estetica dell’impermanenza, che non equivale a soffrire o godere morbosamente della

morte e, in generale, per la caducità del mondo, ma significa cogliere la bellezza dell’impermanenza e, con essa, quella della vita in generale, attraverso il sentire che va al di là dei sensi, inteso non come spiritualità smaterializzata ma materia che vibra, in un’esperienza differente dall’esperienza religiosa perché indissolubilmente legata alla res, alla cosa.

BIENNALE INTERNAZIONALE DELL’ ARTE CONTEMPORANEA di FIRENZE - 2001

E' la simultaneità della materia che si trasforma in pittura e della pittura che si trasforma in materia, che ricerco con il mio lavoro. Prefiggendomi, non di risolvere l’ambiguo antagonismo tra la funzione rappresentativa della pittura e la sua natura autoriflessiva, ma di superare la soglia dell’immagine, attraversando lo spazio mitico che separa la superficie dalla sua rappresentazione, dissolvendola nella materia e in ciò che questa evoca e che sopravvive nell'era del digitale e del globale.

L’immagine è la superficie, la superficie è materia. Esiste fisicamente, non è affatto un'illusione, una magia: ciò che vedi è ciò che vedi: è "archetipo", "origine", "modello", "sostanza", identifica il concetto nel significato.In questo passaggio dall'immagine alla materia, al criterio rappresentativo si sovrappone quello “mostrativo”, realizzando il principio generale dell'arte astratta per la rimozione di ogni significazione rappresentativa ma al contempo, nella riduzione della rappresentazione a “mostrazione” subentra l'idea di un reale che si configura come matrice del colore e della forma, dove la superficie si mostra come supporto dell'immagine e del significante.

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