lunedì 10 marzo 2014

Cento Scale nel chiostro del museo di S. Maria Novella


"Mia madre mi teneva stretto per mano, non potevo correre per quei luoghi, anche se mai avrei potuto. Una impenetrabile recinzione bloccava l’accesso, ma non la vista di quei gradoni che sembravano naturali, scolpiti dal vento, dal sole, dalla pioggia. 

Una fitta vegetazione spontanea si insinuava tra pietra e pietra, e faceva apparire quel luogo ancor più misterioso, melanconicamente abbandonato.
C’era in esso qualcosa di struggente che mi attraeva, stavo fermo a guardare, condizione rara, senza comprendere cosa mi affascinasse, cosa mi legasse a quel luogo che sarebbe stato, negli anni a venire, uno dei miei sogni ricorrenti.
In quelle “scale” c’è qualcosa, un richiamo, una memoria perduta, lo spirito di un passato lontano, più lontano del tempo.
Eppure mai misi piede all’interno dell’antico anfiteatro romano di Cagliari, chiamato “Centu Scalas”, dove, nell’adiacente giardino pubblico, i miei genitori mi portavano a passeggio da bambino. 
Il ricordo di quel luogo rappresenta per me l’assenza, la mancanza che è però colmata dal dolce sapore del ricordo, della memoria, che riempie l’impenetrabile mistero della realtà"