martedì 7 luglio 2009

Castello di carte

Il castello di carte in senso figurato è un progetto destinato a fallire, come d'altronde nel dizionario filosofico entropia è la tendenza sostanziale a perdere irreversibilmente parte del proprio ordine o delle proprie qualità. Nell'istallazione di Ignazio Fresu questo concetto è rappresentato - benché contrastato dalla visione positiva del mutare come evoluzione, come trasformazione, piuttosto che come perdita - in modo attento e sottile da tessere "fossilizzate", erose dal tempo, come reperti archeologici di un "come eravamo domani". Ne consegue uno spiazzamento temporale in cui il Presente si sostituisce al Futuro e insieme lo si confonde con un Passato senza tempo.

Lo scultore stesso afferma che " il castello di carte, nella sua intrinseca precarietà, è metafora del divenire e dall'ineluttabilità del suo lato più oscuro rappresentato dall'entropia. Ciò nonostante, come il castello di carte, che proprio per la sua peculiare caratteristica di mostrarsi instabile ed effimero ci pone il dubbio che questa sia la sua reale natura, al contrario possiamo scoprire come esista una persistenza dell'essere al di là dell'apparire, suggerendoci che forse le cose che non vediamo più, non sono improvvisamente entrate nel nulla ma sono semplicemente scomparse dall'orizzonte degli eventi.

Continuano ad esistere in una dimensione che non è quella apparente ed è pertanto proprio in questo divenire che risiede l'eternità di tutto." C'è dunque un'animazione oltre che un'anima in questi frammenti di Fresu, che riesce a parlare non solo tramite la forma e l'estetica delle sue sculture, ma anche attraverso i materiali usati, che sono la migliore risposta a chi oggi cavalca con banalità la moda del riciclo, rendendo concreto il riutilizzo e la restituzione di nobiltà a squallidi scarti industriali e domestici, quali gli imballi di polistirolo o interi armadi gettati nei cassonetti.
Antonella Sassanelli