lunedì 1 novembre 2021

 Verrà la morte e avrà i tuoi occhi


"Il progetto "Arte nei cimiteri" a cura di Riccardo Farinelli giunge al suo quarto appuntamento con le opere di Ignazio Fresu. che ha fatto del riciclo una cifra del suo lavoro, dando agli oggetti la possibilità di una rinascita in chiave estetica, ottenuta anche attraverso lo spiazzamento visivo dato dall’uso calcolato di resine e granulati. I materiali dunque sono scelti anche per la loro capacità evocativa e gli oggetti non tanto come utili ad una funzione ma capaci di diventare racconto, narrazione densa di rimandi capaci di interagire con la storia, sia essa personale o collettiva.
Coerentemente, tale modus operandi si evidenzia e si esplicita nei due lavori che Ignazio Fresu presenta, sia pure nella diversità espressiva che li caratterizza, all’interno del progetto Arte nei Cimiteri, arrivato al suo quarto appuntamento.
Ne la falsa porta quel che colpisce è la presenza-assenza di molti corpi disordinati, scomposti, parzialmente sovrapposti che vanno a riempire gli spazi verticali delle due ante. Così composti quei corpi sembrano i caduti di una battaglia, accomunati forse da un ideale condiviso, quello che possiamo immaginare attraverso i molti monumenti che in tante piazze d’Italia vogliono commemorare quell’idea, così forte da giustificare la morte. Ma qui tutto è evocato: dei corpi non è restato niente se non i pantaloni, le magliette, gli abiti che li ricoprivano, fissati per sempre in quello che appare essere il bronzo del monumento. Quei corpi assenti son come muti guardiani, stanno sulla soglia di una chiusa porta di bronzo, nel sacrario di una cappella dismessa, come una intima memoria.
Nello spazio verde esterno alla cappella si trova l’installazione Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, citazione da una famosa poesia di Cesare Pavese. Qui la verticalità assume un tono diverso, più solenne: diciannove alti monoliti, cui il granulato minerale restituisce l’impressione della pietra, si distribuiscono nello spazio del prato in un ordine apparentemente casuale, a ricordare la persistenza nel presente di antichi luoghi di culto come lo stupefacente Gobekli Tepe risalente a dodicimila anni fa, testimonianza munumentale di quanto l’uomo antico sia simile all’uomo contemporaneo con il quale condivide progetti, aspirazioni, curiosità ma anche timori, paure, riflessioni sull’umana fragilità.