La bellezza in cenere
Intervista a Ignazio Fresu di Letizia Magnolfi
Ignazio Fresu, classe 1957, artista internazionale di origine
sarda che si esprime tramite installazioni e
sculture contemporanee e che solo nel 2013 ha esposto 13 opere,
ci ha offerto la possibilità di parlare con
lui.
Ignazio, quando è nata la Sua passione per l’arte?
Credo di aver sempre avuto passione per l’arte sin dalla più
tenera età. I miei primi ricordi sono legati a quei “giochi” fatti di disegni
con le matite colorate e di collage con figure ritagliate e incollate su fogli
di carta. Giochi che, nella costante preoccupazione dei miei genitori e
insegnanti, ho sempre preferito alle altre attività scolastiche.
Cosa significa, secondo il Suo punto di vista,
fare arte?
Fare arte è dare forma ad un’idea la cui realizzazione non è mai
un gesto estemporaneo e impulsivo.
È trovare una soluzione che non è limitata alle sole
problematiche di ordine tecnico ed estetico, bensì una
soluzione legata allo spazio, al coinvolgimento del pubblico,
alle tematiche che affronto.
Quali sono le opere di cui è più orgoglioso? Perché?
Sono indistintamente orgoglioso di tutti i miei lavori perché
essi sono l’esito ultimo di una profonda ricerca.
Trattandosi però di installazioni e dunque di opere che
interagiscono nello spazio, sono fortemente influenzate dall’ambiente dove
vengono allestite; ci sono state collocazioni particolarmente felici come l’allestimento
di Quel che resta nella Sala Rosa ex chiesa di Santa Mustiola a Siena, sala di
lettura dell’Università agli Studi di Siena, dove i miei libri hanno trovato un
luogo ideale connesso alla spiritualità, alla cultura, alla storia.
Cosa accomuna le Sue opere?
La bellezza. In tutte le mie opere è sempre presente una comune “idea
di fondo” che s’incentra nel riconoscimento dell’intrinseca bellezza di ciò che
è effimero nel momento in cui non è più al vertice del suo apparire. Esiste una
bellezza che si manifesta sia negli equilibri precari, sia nell’apparenza delle
cose. È una bellezza interiore, non nichilistica, è l’anima delle cose che si
svela al di là del loro apparire. Di quell’apparire che, nel pensiero occidentale,
attraverso la fede nel divenire, è nascondimento del volto autentico di ciò che
è, nell’indiscussa convinzione che il divenire sia un uscire dal nulla e un
ritornarvi.
Un esempio?
Per esempio questa idea di “bellezza” è rappresentata dalla
cenere nella mia ultima installazione, Cenere per l’appunto. Essa ripercorre
attraverso le immagini scolorite, i vaghi ricordi, gli oggetti desueti e le
persone a me care, aspetti della mia vita che mi sono appartenuti si dall’infanzia.
È la ricerca di una consapevolezza che le cose che non vediamo più non sono
improvvisamente entrate nel nulla, ma sono semplicemente scomparse dall’orizzonte
degli eventi, continuano ad esistere in una dimensione che non è quella
apparente.
Ha qualche artista come punto di riferimento?
Non mi riferisco assolutamente a nessun particolare artista,
mentre faccio tesoro di tutta l’arte che mi ha preceduto dalla più remota
antichità fino a quella a me coeva.
E prima di Cenere c’è stata l’installazione di
Siena
Quel che resta si trova in un luogo particolarmente suggestivo.
Si tratta di un’installazione formata da 1500
libri di diverse dimensioni da me realizzati che appaiono come
fossero di pietra. Questa installazione, come per tutte le altre, si presta a
composizioni sempre differenti a seconda dello spazio dove questa viene
allestita, così che ogni volta diventa una nuova installazione dove gli
elementi scultorei che la compongono sono per me il materiale di base come lo
sono la tela e i colori per un pittore.
E per quanto riguarda le altre installazioni più
recenti?
Altre recenti installazioni a cui in questo momento sono
particolarmente legato, perché esprimono una personale interiorità che vivo, è
Cento scale, formata da 100 scale di “pietra” e visibilmente molto fragile:
nell’insieme esse vogliono creare una sorta di legame intrinseco con il
significato della poesia di Eugenio Montale “Ho sceso dandoti il braccio”; le
mie scale vogliono richiamare la nostalgia delle cose apparentemente perdute
che sono la nostra vera essenza. Un’altra recente installazione è Polvere,
opera che si presenta come una camera da letto in disordine,
fatta di pietra, coperta di polvere. Di questa
installazione ho realizzato un semplicissimo video su YouTube
con l’apporto del testo di Alessandra Frosini
che descrive e sviluppa il tema con poesia, le fotografie di
Alessandro Pucci che mi ha gentilmente consentito di rielaborare in funzione
del video e la musica By This River di Brian Eno.
A chi desidera dedicarsi a questa passione,cosa
consiglierebbe?
È sempre molto difficile dare consigli senza ergersi in una
condizione di discutibile superiorità. Ma due cose spero di poterle dire senza cadere nella facile retorica. Il
primo consiglio è quello di studiare, studiare tutto, ma proprio tutto ciò che
in arte ci ha preceduto e che oggi conviviamo, senza alcuna remora di nessuna
natura. Conoscere è alla base della consapevolezza di ciò che si fa perché
infine è questo l’aspetto più importante. Il secondo consiglio che mi sento di dare,
anch’esso connesso a questa consapevolezza, è quello di fare senza porsi alcuna
preoccupazione di originalità fine a se stessa, con un’idea in mente,
rispettandola in piena libertà.