venerdì 17 gennaio 2014

Intervista Cultura Consumabile

La bellezza in cenere 
Intervista a Ignazio Fresu di Letizia Magnolfi


Ignazio Fresu, classe 1957, artista internazionale di origine sarda che si esprime tramite installazioni e
sculture contemporanee e che solo nel 2013 ha esposto 13 opere, ci ha offerto la possibilità di parlare con
lui.
Ignazio, quando è nata la Sua passione per l’arte?
Credo di aver sempre avuto passione per l’arte sin dalla più tenera età. I miei primi ricordi sono legati a quei “giochi” fatti di disegni con le matite colorate e di collage con figure ritagliate e incollate su fogli di carta. Giochi che, nella costante preoccupazione dei miei genitori e insegnanti, ho sempre preferito alle altre attività scolastiche.


Cosa significa, secondo il Suo punto di vista, fare arte?
Fare arte è dare forma ad un’idea la cui realizzazione non è mai un gesto estemporaneo e impulsivo.
È trovare una soluzione che non è limitata alle sole problematiche di ordine tecnico ed estetico, bensì una
soluzione legata allo spazio, al coinvolgimento del pubblico, alle tematiche che affronto.

Quali sono le opere di cui è più orgoglioso? Perché?
Sono indistintamente orgoglioso di tutti i miei lavori perché essi sono l’esito ultimo di una profonda ricerca.
Trattandosi però di installazioni e dunque di opere che interagiscono nello spazio, sono fortemente influenzate dall’ambiente dove vengono allestite; ci sono state collocazioni particolarmente felici come l’allestimento di Quel che resta nella Sala Rosa ex chiesa di Santa Mustiola a Siena, sala di lettura dell’Università agli Studi di Siena, dove i miei libri hanno trovato un luogo ideale connesso alla spiritualità, alla cultura, alla storia.

Cosa accomuna le Sue opere?
La bellezza. In tutte le mie opere è sempre presente una comune “idea di fondo” che s’incentra nel riconoscimento dell’intrinseca bellezza di ciò che è effimero nel momento in cui non è più al vertice del suo apparire. Esiste una bellezza che si manifesta sia negli equilibri precari, sia nell’apparenza delle cose. È una bellezza interiore, non nichilistica, è l’anima delle cose che si svela al di là del loro apparire. Di quell’apparire che, nel pensiero occidentale, attraverso la fede nel divenire, è nascondimento del volto autentico di ciò che è, nell’indiscussa convinzione che il divenire sia un uscire dal nulla e un ritornarvi.

Un esempio?
Per esempio questa idea di “bellezza” è rappresentata dalla cenere nella mia ultima installazione, Cenere per l’appunto. Essa ripercorre attraverso le immagini scolorite, i vaghi ricordi, gli oggetti desueti e le persone a me care, aspetti della mia vita che mi sono appartenuti si dall’infanzia. È la ricerca di una consapevolezza che le cose che non vediamo più non sono improvvisamente entrate nel nulla, ma sono semplicemente scomparse dall’orizzonte degli eventi, continuano ad esistere in una dimensione che non è quella apparente.

Ha qualche artista come punto di riferimento?
Non mi riferisco assolutamente a nessun particolare artista, mentre faccio tesoro di tutta l’arte che mi ha preceduto dalla più remota antichità fino a quella a me coeva.

E prima di Cenere c’è stata l’installazione di Siena
Quel che resta si trova in un luogo particolarmente suggestivo. Si tratta di un’installazione formata da 1500
libri di diverse dimensioni da me realizzati che appaiono come fossero di pietra. Questa installazione, come per tutte le altre, si presta a composizioni sempre differenti a seconda dello spazio dove questa viene allestita, così che ogni volta diventa una nuova installazione dove gli elementi scultorei che la compongono sono per me il materiale di base come lo sono la tela e i colori per un pittore.

E per quanto riguarda le altre installazioni più recenti?
Altre recenti installazioni a cui in questo momento sono particolarmente legato, perché esprimono una personale interiorità che vivo, è Cento scale, formata da 100 scale di “pietra” e visibilmente molto fragile: nell’insieme esse vogliono creare una sorta di legame intrinseco con il significato della poesia di Eugenio Montale “Ho sceso dandoti il braccio”; le mie scale vogliono richiamare la nostalgia delle cose apparentemente perdute che sono la nostra vera essenza. Un’altra recente installazione è Polvere,
opera che si presenta come una camera da letto in disordine, fatta di pietra, coperta di polvere. Di questa
installazione ho realizzato un semplicissimo video su YouTube con l’apporto del testo di Alessandra Frosini
che descrive e sviluppa il tema con poesia, le fotografie di Alessandro Pucci che mi ha gentilmente consentito di rielaborare in funzione del video e la musica By This River di Brian Eno.

A chi desidera dedicarsi a questa passione,cosa consiglierebbe?
È sempre molto difficile dare consigli senza ergersi in una condizione di discutibile superiorità. Ma due cose spero di poterle dire senza cadere nella facile retorica. Il primo consiglio è quello di studiare, studiare tutto, ma proprio tutto ciò che in arte ci ha preceduto e che oggi conviviamo, senza alcuna remora di nessuna natura. Conoscere è alla base della consapevolezza di ciò che si fa perché infine è questo l’aspetto più importante. Il secondo consiglio che mi sento di dare, anch’esso connesso a questa consapevolezza, è quello di fare senza porsi alcuna preoccupazione di originalità fine a se stessa, con un’idea in mente, rispettandola in piena libertà.