martedì 10 dicembre 2013

Intervista a Ignazio Fresu su Art Open Space


Un'intervista a... IGNAZIO FRESU
Oggetti,  ricordi cristallizzati e impressi nel tempo; memoria.
Ignazio Fresu affronta e indaga sul senso delle cose, e più ampiamente della vita, trasfigurando il concetto di temporaneità.
Per fare questo si serve di materiali di scarto, oggetti destinati all'oblio, che manipola, assembra, scompone e ricompone, per poi restituirceli sotto nuova forma, investiti di un nuovo significato e portatori di un nuovo messaggio.
Non una mera, seppur artistica, trasformazione,  ma un vero e proprio processo di sublimazione attraverso cui Ignazio Fresu riporta "le cose" alla loro dimensione più ampia e assoluta: tanti fili di un'unica trama universale.

Nel 2005 con Apeiron hai indagato il pensiero di Anassimandro secondo cui la materia è indeterminata e infinita; quale è invece il significato che attribuisci tu al concetto di àpeiron?
Nel pensiero di Anassimandro ritrovo un’interpretazione della realtà differente dalla fede nel Divenire che si svilupperà sino all’estremo nichilismo della nostra epoca. Àpeiron è quel qualcosa da cui deriva tutta la realtà, quel qualcosa dove tutta la realtà va a finire e in cui tutta la realtà permane e dove ogni cosa si trova nella condizione della coincidenza degli opposti.
Mentre l’umanità è sostanzialmente persuasa che il divenire sia un uscire dal nulla e un ritornarvi, Anassimandro dà un’interpretazione differente a questa apparenza sensoriale: “dall’àpeiron tutto proviene e ad esso tutto ritorna”. Àperion è la dimensione eterna entro la quale tutti i contrari sono presenti, ma soggetti alla legge del tempo che si manifesta attraverso il mutamento nella diversità, nella molteplicità. L’àperion è il principio
di tutte le cose nel divenire, nell'evidenza stessa del tempo dove ogni cosa è apparentemente soggetta alla temporalità. In questa apparenza ogni aspetto del mondo muta perché è il tempo che determina questo stesso mutamento: il tempo che si esprime nel passaggio delle cose da uno stato all'altro ed in questo passare, diventare altro, costituisce l'essenza stessa del cosmo.
Personalmente identifico nell’àperion un pensiero anti-nichilista dove gli oggetti e le cose che non vediamo più, le cose che non sono più come erano in origine, le cose che non sono ciò che sembrano essere, non sono improvvisamente entrate nel nulla ma sono semplicemente scomparse dall'orizzonte degli eventi e continuano ad esistere in una dimensione che non è quella apparente.

Quindi arte come approfondimento, come allenamento ad una visione più attenta e attiva di ciò che ci circonda?
Più che essere un approfondimento, attraverso l’arte percepiamo e comunichiamo in un modo completamente diverso da ogni altro mezzo. L’uomo ha concepito la filosofia per indagare se stessi, il mondo che ci circonda, le ragioni del vivere, con la mente e l’arte per giungere direttamente all’anima, saltando tutti quei meccanismi comunicativi di cui facciamo comunemente uso: viaggia sulle vie del cuore e non della ragione.

Il tuo lavoro esplora ed esalta l'idea di metamorfosi, di trasformazione, di divenire. E' anche questo uno dei motivi per il quale utilizzi materiale di recupero per la realizzazione delle tue opere?
I materiali di recupero sono parte sostanziale del mio lavoro che, al di là di quegli aspetti etico-ecologici legati all’ambiente, rappresentano il divenire con il loro vissuto e la memoria che suscitano in noi.
Questo avviene a diversi livelli attraverso oggetti veri e propri appartenuti ad un vissuto e che richiamano ad una memoria, a dei ricordi; materiali allo stato puro come i metalli che si trasformano e in questa trasformazione mutano, si ossidano; oggetti destinati alla distruzione, che hanno concluso la loro funzione come gli imballi di polistirolo, i cartoni, i tubi dei rotoli delle stoffe; oppure oggetti frutto del mio lavoro come ad esempio i fogli serviti per evitare che le grafiche da me realizzate si attacchino tra loro, diventano una nuova opera; o ancora, il materiale di scarto della lavorazione del polistirolo, che diventa parte dell’opera stessa, ed infine, cosa molto frequente e da me ricercata, gli elementi di altre installazioni che fanno parte di nuove opere.
A questo va aggiunta la precarietà più o meno apparente dei lavori, oltre che nei loro materiali costitutivi, nella loro composizione e l’improbabilità dello spazio che li accoglie.

La tua ultima installazione, Polvere, è una struggente rappresentazione della precarietà della nostra esistenza riportata con la precisione e la puntualità di un fermo immagine. Una fotografia tridimensionale che pare raccontare quell'arco di tempo ideale, che di una vita comprende sia il prima che il dopo.. in quali sentieri ci vuoi condurre?
La ricerca che porto avanti, con i contenuti esposti in precedenza, è costantemente presente anche nei miei ultimi lavori tra cui Polvere. Da qualche tempo a questi contenuti, si è aggiunta una dimensione più intima e personale. Ho abbandonato il timore e la timidezza di apparire romantico e sentimentale liberandomi dagli ultimi tecnicismi concettuali per agire direttamente in prima persona nella sfera privata personale.
Un percorso cominciato da tempo con l’happening del finissage di Aforisma 125 nel chiostro di San Francesco ad Arcevia e proseguito con Il viandante e la sua ombra e Quel che resta, si è poi consolidato in lavori come Oggetti smarriti, Il sabato del villaggio, Cento scale, Cenere e Polvere.
Con Polvere il mio lavoro è diventato un racconto dell’anima, della mia anima. Un’esplorazione di sé attraverso un’istante eterno. Il senso delle cose e della vita, al di là delle idee espresse, riconduce ai sentimenti miei ma comuni a tanti altri.
Di questa installazione ho realizzato un semplicissimo video, con l’apporto del bellissimo testo di Alessandra Frosini che descrive e sviluppa il tema con poesia, le fotografie di Alessandro Pucci che mi ha gentilmente consentito di rielaborare in funzione del video e la meravigliosa musica di sottofondo con la canzone By This River di Brian Eno. Questo video una volta pubblicato su YouTube ha avuto un inaspettato successo in rete in quanto in molti si sono sentiti accomunati ai sentimenti espressi in Polvere e hanno commentato.
Cosa c’è di più bello che riuscire col proprio cuore a parlare al cuore dell’altro? Sono questi i sentieri dove non voglio condurre nessuno, ma che desidero condividere, desidero percorrere insieme.

..cosa te l'ha ispirata?
Sono stato guidato da una ricerca interiore sul senso della vita e dell’amore, in particolare hanno avuto un ruolo importante i desideri che mi animano e le sofferenze legate alla perdita degli affetti.
La tua ricerca sembra ti stia portando via via verso un percorso sempre più introspettivo ad un’analisi della tua interiorità, della tua sfera più intima e privata; ti affascina o ti spaventa questa evoluzione?
Questo percorso introspettivo mi affascina, lo elaboro non solo in funzione di un processo artistico, è parte di me, della mia ricerca, della mia vita. Si tratta di un cammino verso un’osmosi tra le idee, gli atteggiamenti, le esperienze, la loro reciproca compenetrazione con l’arte.

Da marchigiana non posso non citare Giacomo Leopardi a cui hai dedicato più di un lavoro, come La ginestra e Il sabato del villaggio.
Solitamente un artista è “geloso” delle proprie opere, tu, al contrario, hai permesso al pubblico, in occasione dell’Artefiera Padova dello scorso anno, addirittura di smontare letteralmente la tua installazione Il sabato del Villaggio. Che cosa hai provato osservando le persone scomporre pezzo per pezzo la tua opera? Ripeteresti un’esperienza simile?
Amo particolarmente Giacomo Leopardi i cui contenuti poetici sono sostenuti da un profondo pensiero filosofico. Per Leopardi l’unico rimedio che può contrapporsi al nulla non può essere la verità eterna del Tutto, bensì la poesia. Nella Ginestra, la sua ultima poesia, l’ombra che si allunga su tutti i suoi versi è rischiarata da una flebile luce, la stessa che ritengo di ritrovare nella lanterninosofia pirandelliana. È un inno alla speranza. Nella poesia Il sabato del villaggio la memoria, elemento fondamentale nei versi di Leopardi, è assente e questa assenza urla di sé, diventa l’elemento centrale della poesia mettendoci in guardia nei confronti della nostra incapacità di godere del presente nel momento stesso in cui questo viene vissuto. La mia installazione Il sabato del villaggio ripercorre i sentimenti e i ricordi dell’infanzia che sono miei ma comuni a tanti.
La performance a cui ti riferisci è stata un’esperienza molto importante. Credo che sia stato per le persone un riappropriarsi della memoria non solo nostalgicamente, ma attivamente per sentirsi partecipi di un’opera, condividere un’esperienza, fare parte dell’opera. Scoprire che la massa apparentemente compatta fosse in realtà formata da singoli componenti, poterli toccare con mano, disgiungerli l’uno dall’altro, è un’emozione tattile importante per fruire pienamente dell’opera.
Un aspetto che considero fondamentale nel mio lavoro è la capacità dell’opera di non essere una statua immobile, una scultura statica incapace di dialogare, ma di combinarsi con l’ambiente interagendo con lo spazio e i suoi abitanti.
Ma l’evento interattivo che più mi ha colpito è accaduto lo scorso anno a seguito di una tromba d’aria che in parte disperse nel piazzale della biblioteca Lazzerini di Prato i libri che componevano la mia installazione Quel che resta. Gli studenti e le persone che frequentano la biblioteca autonomamente raccolsero i libri riallestendo i cumuli che costituivano l’installazione. Vidi solo l’opera ultimata e se pur diversa a quella che allestii in origine, la lasciai così com’era stata modificata perché senza alcun dubbio era stata l’opera più partecipata che io abbia mai realizzato.

A cosa stai lavorando attualmente?
In questo periodo sto lavorando alla realizzazione di alcune grafiche con i disegni e i bozzetti preparatori dei miei allestimenti e ho recentemente terminato una nuova installazione: Cenere che ripercorre i ricordi, gli oggetti e le persone che mi sono appartenute, sono state parte della mia infanzia e che ora sono cenere. Questa, a differenza di altre, è un’opera work in progress, che porto avanti nel tempo. È la ricerca di una consapevolezza che mi conduce a nuovi e imprevedibili sviluppi.

Intervista per ART OPEN SPACE
a cura di Cristina Polenta