Un'intervista a...
IGNAZIO FRESU
Oggetti, ricordi cristallizzati e impressi nel tempo;
memoria.
Ignazio Fresu
affronta e indaga sul senso delle cose, e più ampiamente della vita,
trasfigurando il concetto di temporaneità.
Per fare questo si
serve di materiali di scarto, oggetti destinati all'oblio, che manipola,
assembra, scompone e ricompone, per poi restituirceli sotto nuova forma,
investiti di un nuovo significato e portatori di un nuovo messaggio.
Non una mera,
seppur artistica, trasformazione, ma un
vero e proprio processo di sublimazione attraverso cui Ignazio Fresu riporta
"le cose" alla loro dimensione più ampia e assoluta: tanti fili di
un'unica trama universale.
Nel 2005 con
Apeiron hai indagato il pensiero di Anassimandro secondo cui la materia è
indeterminata e infinita; quale è invece il significato che attribuisci tu al
concetto di àpeiron?
Nel pensiero di
Anassimandro ritrovo un’interpretazione della realtà differente dalla fede nel
Divenire che si svilupperà sino all’estremo nichilismo della nostra epoca.
Àpeiron è quel qualcosa da cui deriva tutta la realtà, quel qualcosa dove tutta
la realtà va a finire e in cui tutta la realtà permane e dove ogni cosa si
trova nella condizione della coincidenza degli opposti.
Mentre l’umanità è
sostanzialmente persuasa che il divenire sia un uscire dal nulla e un
ritornarvi, Anassimandro dà un’interpretazione differente a questa apparenza
sensoriale: “dall’àpeiron tutto proviene e ad esso tutto ritorna”. Àperion è la
dimensione eterna entro la quale tutti i contrari sono presenti, ma soggetti
alla legge del tempo che si manifesta attraverso il mutamento nella diversità,
nella molteplicità. L’àperion è il principio
di tutte le cose
nel divenire, nell'evidenza stessa del tempo dove ogni cosa è apparentemente
soggetta alla temporalità. In questa apparenza ogni aspetto del mondo muta
perché è il tempo che determina questo stesso mutamento: il tempo che si
esprime nel passaggio delle cose da uno stato all'altro ed in questo passare,
diventare altro, costituisce l'essenza stessa del cosmo.
Personalmente
identifico nell’àperion un pensiero anti-nichilista dove gli oggetti e le cose
che non vediamo più, le cose che non sono più come erano in origine, le cose
che non sono ciò che sembrano essere, non sono improvvisamente entrate nel
nulla ma sono semplicemente scomparse dall'orizzonte degli eventi e continuano
ad esistere in una dimensione che non è quella apparente.
Quindi arte come
approfondimento, come allenamento ad una visione più attenta e attiva di ciò
che ci circonda?
Più che essere un
approfondimento, attraverso l’arte percepiamo e comunichiamo in un modo
completamente diverso da ogni altro mezzo. L’uomo ha concepito la filosofia per
indagare se stessi, il mondo che ci circonda, le ragioni del vivere, con la
mente e l’arte per giungere direttamente all’anima, saltando tutti quei
meccanismi comunicativi di cui facciamo comunemente uso: viaggia sulle vie del
cuore e non della ragione.
Il tuo lavoro
esplora ed esalta l'idea di metamorfosi, di trasformazione, di divenire. E'
anche questo uno dei motivi per il quale utilizzi materiale di recupero per la
realizzazione delle tue opere?
I materiali di
recupero sono parte sostanziale del mio lavoro che, al di là di quegli aspetti
etico-ecologici legati all’ambiente, rappresentano il divenire con il loro
vissuto e la memoria che suscitano in noi.
Questo avviene a
diversi livelli attraverso oggetti veri e propri appartenuti ad un vissuto e
che richiamano ad una memoria, a dei ricordi; materiali allo stato puro come i
metalli che si trasformano e in questa trasformazione mutano, si ossidano;
oggetti destinati alla distruzione, che hanno concluso la loro funzione come
gli imballi di polistirolo, i cartoni, i tubi dei rotoli delle stoffe; oppure
oggetti frutto del mio lavoro come ad esempio i fogli serviti per evitare che le
grafiche da me realizzate si attacchino tra loro, diventano una nuova opera; o
ancora, il materiale di scarto della lavorazione del polistirolo, che diventa
parte dell’opera stessa, ed infine, cosa molto frequente e da me ricercata, gli
elementi di altre installazioni che fanno parte di nuove opere.
A questo va
aggiunta la precarietà più o meno apparente dei lavori, oltre che nei loro
materiali costitutivi, nella loro composizione e l’improbabilità dello spazio
che li accoglie.
La tua ultima
installazione, Polvere, è una struggente rappresentazione della precarietà
della nostra esistenza riportata con la precisione e la puntualità di un fermo
immagine. Una fotografia tridimensionale che pare raccontare quell'arco di
tempo ideale, che di una vita comprende sia il prima che il dopo.. in quali
sentieri ci vuoi condurre?
La ricerca che
porto avanti, con i contenuti esposti in precedenza, è costantemente presente
anche nei miei ultimi lavori tra cui Polvere. Da qualche tempo a questi
contenuti, si è aggiunta una dimensione più intima e personale. Ho abbandonato
il timore e la timidezza di apparire romantico e sentimentale liberandomi dagli
ultimi tecnicismi concettuali per agire direttamente in prima persona nella
sfera privata personale.
Un percorso
cominciato da tempo con l’happening del finissage di Aforisma 125 nel chiostro
di San Francesco ad Arcevia e proseguito con Il viandante e la sua ombra e Quel
che resta, si è poi consolidato in lavori come Oggetti smarriti, Il sabato del
villaggio, Cento scale, Cenere e Polvere.
Con Polvere il mio
lavoro è diventato un racconto dell’anima, della mia anima. Un’esplorazione di
sé attraverso un’istante eterno. Il senso delle cose e della vita, al di là
delle idee espresse, riconduce ai sentimenti miei ma comuni a tanti altri.
Di questa
installazione ho realizzato un semplicissimo video, con l’apporto del
bellissimo testo di Alessandra Frosini che descrive e sviluppa il tema con
poesia, le fotografie di Alessandro Pucci che mi ha gentilmente consentito di
rielaborare in funzione del video e la meravigliosa musica di sottofondo con la
canzone By This River di Brian Eno. Questo video una volta pubblicato su
YouTube ha avuto un inaspettato successo in rete in quanto in molti si sono
sentiti accomunati ai sentimenti espressi in Polvere e hanno commentato.
Cosa c’è di più
bello che riuscire col proprio cuore a parlare al cuore dell’altro? Sono questi
i sentieri dove non voglio condurre nessuno, ma che desidero condividere,
desidero percorrere insieme.
..cosa te l'ha
ispirata?
Sono stato guidato
da una ricerca interiore sul senso della vita e dell’amore, in particolare
hanno avuto un ruolo importante i desideri che mi animano e le sofferenze
legate alla perdita degli affetti.
La tua ricerca
sembra ti stia portando via via verso un percorso sempre più introspettivo ad
un’analisi della tua interiorità, della tua sfera più intima e privata; ti
affascina o ti spaventa questa evoluzione?
Questo percorso
introspettivo mi affascina, lo elaboro non solo in funzione di un processo
artistico, è parte di me, della mia ricerca, della mia vita. Si tratta di un
cammino verso un’osmosi tra le idee, gli atteggiamenti, le esperienze, la loro
reciproca compenetrazione con l’arte.
Da marchigiana non
posso non citare Giacomo Leopardi a cui hai dedicato più di un lavoro, come La
ginestra e Il sabato del villaggio.
Solitamente un
artista è “geloso” delle proprie opere, tu, al contrario, hai permesso al
pubblico, in occasione dell’Artefiera Padova dello scorso anno, addirittura di
smontare letteralmente la tua installazione Il sabato del Villaggio. Che cosa
hai provato osservando le persone scomporre pezzo per pezzo la tua opera?
Ripeteresti un’esperienza simile?
Amo particolarmente
Giacomo Leopardi i cui contenuti poetici sono sostenuti da un profondo pensiero
filosofico. Per Leopardi l’unico rimedio che può contrapporsi al nulla non può
essere la verità eterna del Tutto, bensì la poesia. Nella Ginestra, la sua
ultima poesia, l’ombra che si allunga su tutti i suoi versi è rischiarata da
una flebile luce, la stessa che ritengo di ritrovare nella lanterninosofia
pirandelliana. È un inno alla speranza. Nella poesia Il sabato del villaggio la
memoria, elemento fondamentale nei versi di Leopardi, è assente e questa
assenza urla di sé, diventa l’elemento centrale della poesia mettendoci in
guardia nei confronti della nostra incapacità di godere del presente nel
momento stesso in cui questo viene vissuto. La mia installazione Il sabato del
villaggio ripercorre i sentimenti e i ricordi dell’infanzia che sono miei ma
comuni a tanti.
La performance a
cui ti riferisci è stata un’esperienza molto importante. Credo che sia stato
per le persone un riappropriarsi della memoria non solo nostalgicamente, ma
attivamente per sentirsi partecipi di un’opera, condividere un’esperienza, fare
parte dell’opera. Scoprire che la massa apparentemente compatta fosse in realtà
formata da singoli componenti, poterli toccare con mano, disgiungerli l’uno
dall’altro, è un’emozione tattile importante per fruire pienamente dell’opera.
Un aspetto che
considero fondamentale nel mio lavoro è la capacità dell’opera di non essere
una statua immobile, una scultura statica incapace di dialogare, ma di
combinarsi con l’ambiente interagendo con lo spazio e i suoi abitanti.
Ma l’evento
interattivo che più mi ha colpito è accaduto lo scorso anno a seguito di una
tromba d’aria che in parte disperse nel piazzale della biblioteca Lazzerini di
Prato i libri che componevano la mia installazione Quel che resta. Gli studenti
e le persone che frequentano la biblioteca autonomamente raccolsero i libri
riallestendo i cumuli che costituivano l’installazione. Vidi solo l’opera
ultimata e se pur diversa a quella che allestii in origine, la lasciai così
com’era stata modificata perché senza alcun dubbio era stata l’opera più
partecipata che io abbia mai realizzato.
A cosa stai
lavorando attualmente?
In questo periodo
sto lavorando alla realizzazione di alcune grafiche con i disegni e i bozzetti
preparatori dei miei allestimenti e ho recentemente terminato una nuova
installazione: Cenere che ripercorre i ricordi, gli oggetti e le persone che mi
sono appartenute, sono state parte della mia infanzia e che ora sono cenere.
Questa, a differenza di altre, è un’opera work in progress, che porto avanti
nel tempo. È la ricerca di una consapevolezza che mi conduce a nuovi e
imprevedibili sviluppi.
Intervista per ART OPEN SPACE
a cura di Cristina Polenta