lunedì 15 settembre 2008

Stele



Quando ci guardiamo intorno cercando di capire il nostro tempo, ci si convince abbastanza presto che la decomposizione è il nostro destino. Restano solo frammenti da ricomporre e reinterpretare nel tentativo di non separarci dalle nostre cose, dalla nostra vita. Attraverso l'alchemica trasformazione della disgregazione entropica in frammenti, frughiamo tra le scorie, tra piccoli pezzi come tra residui dei propri sogni, alla ricerca della "pietra filosofale", o meglio della ferraglia esistenziale di una nascosta interiorità presente in ogni frammento, brandello di icastici simulacri. I lavori che presento sono "ectipi": modelli derivati da qualcosa di cui si è cancellata, dimenticata l'origine.

Stele per l'uomo sopraffatto e soffocato dai residui dei suoi consumi. La nostra è una società in cui si tende con incredibile e spaventosa disinvoltura a rottamare, gettare, eliminare, dimenticare, disperdere, riciclare tutto ciò che non è più nuovo, che non è più efficiente, che non è più perfetto e giovane, lucido, integro e integrabile in un sistema che gravita intorno a un consumismo alienante, sfrenato, esagerato, schiavo del dio denaro, che sta uccidendo l'anima, sta cancellando il nostro tempo per osservare, per apprezzare, per pensare, per meditare, il tempo dell'essenza dell'uomo.